La Vespa dei miracoli Procurava amanti e spose
Emilio Magni
La Provincia 16 settembre 2012
Dopo aver visto che era lunga e tutta in salita la strada da compiere per arrivare da una nostra cugina molto malata, la appena assunta badante tagliò corto: “Mi comprerete una Vespa”.
Anche se la donna forse intendeva uno “scooterino” qualsiasi, quella parola mi ha fatto sorridere e provare qualche emozione. La Vespa fu il grande mito per noi che nel dopoguerra, quando l’ingegner Piaggio cominciò a metterla sul mercato, eravamo ragazzi con la voglia e l’entusiasmo di cogliere tutte le belle novità. Ci invaghimmo di questo scooter e di Audrey Hepburn
che al cinema avevamo visto scorazzare in Vespa per Roma aggrappata a Gregory Peck.
Tutti sognavamo di portare in giro una ragazza sulla Vespa. Ma se andava bene avevamo solo la bicicletta ed era molto difficile che una
coetanea accogliesse di salire in canna per andare a fare una passeggiata.
Fu così che quando il nostro amico Giovanni, ottenne a fatica il diploma di ragioniere ed ebbe in regalo una Vespa, l’intero popolo di noi ragazzi di Erba Alta prese ad invidiarlo ferocemente. Giovanni era figlio di un ricco droghiere quindi fu per lui facile ottenere anche la Vespa, quando già possedeva due splendide biciclette da corsa. Arrivava in piazza facendo rombare il motore e dopo aver compiuto qualche giro si fermava davanti ai tavolini del bar. Le ragazze più sveglie e più audaci gli si facevano
intorno e lui ne caricava qualcuna. A turno le portava a compiere dei giri ritornando però quasi subito. Controllavano dalle finestre, le madri, attente alle mosse delle figlie. Quando arrivava rombando il Giovanni i ragazzi, per non schiumare di rabbia, entravano nel bar e si mettevano intorno al biliardo. Giovanni perse anche i pochi compagni che aveva, ma in compenso gli si fece molto amica la Elda che era la più bella e la più libera ragazza del quartiere. Non solo accettò, la Elda, di andare a fare passeggiate, ma propose al Giovanni di accompagnarla qualche volta a trovare una sua zia che abitava in una cascina su a mezza costa, all’imboccatura della Valle Bova. Salire a piedi, o in bicicletta sarebbe stato assai faticoso.
Il sellino posteriore della Vespa invece era l’ideale. Al Giovanni parve di toccare il cielo con un dito. Ogni due o tre pomeriggi si accordava con la Elda e portava la ragazza a trovare la zia.
La Vespa superava disinvoltamente ripidi tornanti e la Elda al suo centauro. Per i ragazzi fu una ulteriore tremenda botta di bile. Qualcuno disse: “Potere della Vespa”. Ma il Sergio, che era uno dei più svegli e con dentro qualche malignità, sollevò qualche dubbio su quella così generosa disponibilità della Elda.
E non aveva torto, il Sergio. La Elda appena scesa dal magico scooter diceva al Giovanni: “Torna a prendermi tra due ore”, dava un reve saluto alla zia e poi prendeva il sentiero per il bosco dentro la valle. Qui l’aspettava l’Adolfo, chiamato Sandokan perché ragazzo un po’ rado, aitante e coraggioso, senza lavoro, ma pieno di fascino del quale la Elda si era perdutamente innamorata. Elda tornava alla cascina della zia giusto in tempo per sentire il rombo della Vespa del Giovanni che tornava puntuale a riprenderla. Il dolce intrallazzo tra la Elda e Sandokan fu facilmente scoperto da un boscaiolo.
Dopo un po’ l’intera piazza sapeva. Quando il Giovanni arrivava in sella alla Vespa tutto il bar usciva a ridere a crepapelle. Scoperto l’inganno però non si scompose, tenne botta e si rifece subito con la Teresa che era ricca come lui. La portava tutti i giorni a lezione di piano. E Teresa andava veramente a picchiare i polpastrelli sulla tastiera. Si sposarono qualche anno dopo: un matrimonio fastoso. “Potenza della Vespa”, commentarono al bar.